Siamo in piena emergenza coronavirus, è vero, e noi oggi al confronto con la dura e tragica realtà affrontiamo temi sicuramente marginali, ma siamo tanto più convinti che non possiamo – anzi: non dobbiamo – in alcun modo rinunciare al futuro e pensare, progettare, pianificare. Anche perché si cadrebbe in depressione e ciò non va bene. Allora ecco il tema della rubrica “Pensieri sott’olio” di questo mese: i “carrello degli oli”. Confesso di averne scritto tante volte, su più giornali, ma non ho ottenuto finora un grande successo. Negli anni Novanta ne scrissi e tutti erano pronti a muovere critiche: non è facile da gestire, troppo costoso, la gente non capirebbe, i ristoratori usano ancora le oliere figurarsi la sola idea di pensare di introdurre un ‘carrello degli oli” e magari anche corredato da una “carta degli oli”. È pura fantasia, sogno, desiderio che rimane tale. E invece oggi, instancabile, ripropongo la medesima proposta – anche se confesso ne parlo e ne scrivo di anno in anno, sono tenace e non desisto. Ma cos’è un “carrello degli oli”? Che funzione dovrebbe avere? A che scopo introdurlo in un ristorante? In verità, io che sono “oliocentrico” per natura immaginerei un carrello degli oli anche per un impiego domestico, da tenere in casa, meno ingombrante e meno munito di referenze rispetto a un carrello professionale, ma sarebbe utile a tutti. Utile perché gli oli sono differenti ed è pertanto necessario averne più di una tipologia in casa, in funzioni dei diversi impieghi e abbinamenti. Non è una operazione fole e inutile. Vi spiego perché. Però intanto vi annuncio che il 25 maggio (non so più se ciò sia possibile, se avremo modo di poter onorare tale impegno, se le condizioni determinate da Covid-19 lo permetteranno), eppure non rinuncio all’idea di tenere fede alla data, altrimenti ne sarà individuata una diversa, dopo l’estate, ma intanto la terza edizione del Forum Olio & Ristorazione, organizzato da Olio Officina a Milano, presso il Palazzo delle Stelline, appuntamento rivolto agli operatori del canale Horeca, avrà come tema centrale il “carrello degli oli”, e vedremo cosa emergerà. Di sicuro sarò affiancato oltre che da chef e ristoratori, anche da designer che ne proporranno qualcuno, e poi dalle stesse aziende olearie che hanno tutto l’interesse per far conoscere la variegata espressione degli oli da olive.

Guido Novaro, patron di questo portale informativo ne sa qualcosa, lui che dispone di un ricco numero di referenze. Già, perché gli extra vergini si declinano al plurale. Andiamo per punti, in modo da capirci qualcosa oltre il significato del termine carrello. È un carrello ciò che contiene. Nel carrello vi sono tante confezioni d’olio. Un tempo era difficile pensare a un carrello perché le bottiglie erano solo da litro, troppo ingombranti e pesanti da utilizzare correntemente a tavola, figurarsi un carrello con decine di oli. Eppure nel tempo si è passati alle bottiglie da 750 ml, poi progressivamente a quelle da 500 ml, e infine ora vanno per la maggiore quelle da 250 ml. E non finisce qui. Si producono bottiglie anche da 100 ml. Vi sono tuttavia anche bottiglie così minuscole da essere pensate per impiego monodose. Ora sì che si comprende come lo scenario si cambiato. Un “carrello degli oli” non solo è possibile, ma è facilmente gestibile. Un tempo non si potevano aprire decine di bottiglie, con il rischio di contribuire a far ossidare l’olio. Ora il problema è risolto. Non solo: ci si può sbizzarrire e inserire in un carrello oli provenienti da tutte le regioni d’Italia, oppure oli di diverse cultivar (pensate, solo in Italia ne abbiamo 538) oppure oli per singola preparazione: per pasta, legumi, verdure, carni, pesce, zuppe, pizza.

Ora si può. Non ci sono scuse. I ristoratori, è vero, hanno una brutta fama: vogliono sempre risparmiare il centesimo. Preferiscono rinunciare persino alla qualità pur di abbattere i costi. Non è bello dirlo, ma è la verità. Non ci fanno una bella figura. Ma come ben sappiamo ci sono ristoratori virtuosi e ristoratori che lavorano senza prestare alcuna cura e attenzione al cliente, figurarsi alle materie prime. Ebbene, cosa hanno dichiarato alcuni di loro (i più virtuosi) in occasione delle precedenti edizioni del Forum Olio & Ristorazione: che tutto dipende dagli avventori del locale. Questo hanno detto. Se il cliente è indifferente, non chiede, non pretende, mai avrà. Oggi noi pretendiamo un vino buono e se solo lontanamente avvertiamo un principio di sentore di tappo si chiede (e nessuno si oppone) di cambiare bottiglia. Ecco, ciò che avanziamo come pretese con il vino, dovremmo avanzarlo e pretenderlo con l’olio. Se fino a pochi anni fa (ma qualcuno ancora resiste) si utilizzavano oliere sporchissime, con oli ossidati o addirittura rancidi, la colpa prima ancora dei ristoratori poco seri e poco professionali è soprattutto del cliente che lascia perdere e forse nemmeno capisce il valore di un alimento così prezioso e unico qual è l’olio extra vergine di oliva. L’introduzione di un “carrello degli oli” ci rende persone migliori, e anche il cibo di cui ci nutriamo non solo diventerà più buono, ma sarà anche nutrizionalmente migliore. Non rinunciamo dunque a ciò che un tempo qualcuno poteva pensare essere solo un sogno. Facciamo diventare realtà ciò che è segno di civiltà. Chiediamo degli oli di alta qualità. Pretendiamo la possibilità di scegliere quelli che riteniamo più adatto al nostro gusto e alla pietanza che abbiamo richiesto scegliendo dal menu.
Perché allora introdurre un carrello degli oli.
Punto primo: gli oli sono decisamente di alta qualità e differenti, tanti pezzi unici. Differenti non soltanto per origine, ma anche per cultivar. Ci sono poi i blend, miscele tra oli di più cultivar o di diverse origini, o della stessa cultivar ma di diversi areali. Eccetera. nell’accogliere queste soluzioni.
Punto secondo: gli oli oggi sono contenuti in confezioni adatte ai vari scopi. I grandi formati per usi di cucina in cottura o in frittura, e in piccoli formati da destinare all’impiego strettamente connesso alla fruizione come condimento e insaporitore.
Punto terzo: oggi il cliente che entra in un ristorante va seguito e coccolato, non è soltanto un numero che contribuisce a fare fatturato
Punto quarto: oggi un “carrello degli oli” con la possibilità di
poter scegliere l’olio a piacimento diventa una ipotesi concreta perché i costi di gestione di un carrello sono risibili.
Punto quinto: oggi la percezione degli oli è mutata, chi va al ristorante ha una visione dell’olio extra vergine di oliva nuova e diversa. In più c’è pure maggiore curiosità.
Punto sesto: il menu oggi può servire a raccontare gli oli, inserendo comunicazioni mirate, specificando in ogni voce l’olio utilizzato, l’origine, la cultivar, l’eventuale Dop o Igp che attesti l’origine.
Punto settimo: il “carrello degli oli” crea dipendenza e nuove abitudini di consumo e proprio per questo va incentivato.
Punto ottavo: il “carrello degli oli” azzera i costi a carico del ristoratore nel momento in cui si fa pagare l’olio così come si fa pagare l’acqua. Un conto è l’olio utilizzato in cucina, per la cottura, altro è l’olio per la tavola, per il tocco finale sul piatto.
Punto nono: occorre immaginare l’olio come elemento di intrattenimento, come saluto di benvenuto nel momento in cui ci si siede in attesa di ordinare quanto proposto nel menu.
Punto decimo: fate voi; il mio consiglio è di accogliere anche nelle sale da pranzo domestiche non uno ma tanti diversi extra vergini.
Come chiudo questo articolo? Ovviamente salutandovi e augurando a tutti di superare presto (e si spera con meno vittime possibile) questo difficile momento di sospensione e paura. E chissà se riusciremo già il 25 maggio a venirne fuori e a vederci tutti a Milano, argomentando di “carrello degli oli” e altro ancora, nel corso della terza edizione del Forum Olio & Ristorazione. Diversamente, la speranza non deve mai venire meno. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti. Ciò che conta, è non perdere mai la speranza.